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La rigidità del gomito

Il movimento del gomito è di fondamentale importanza per la funzione dell’arto superiore. Permette alla mano di essere portata dal corpo (ad esempio il viso) verso l’esterno (per raggiungere oggetti lontani) nel movimento di flessione-estensione e di essere ruotata (portando il palmo verso l’alto o verso il basso) nel movimento di prono-supinazione.

Il movimento completo viene misurato dall’estensione completa (0 gradi) fino ad una flessione massima (140 gradi), quando l’avambraccio si piega completamente sul braccio, e la mano tocca la spalla; allo stesso modo si valuta la prono-supinazione della mano con il palmo rivolto verso il soffitto (supinazione di 90 gradi) o verso il pavimento (pronazione 90 gradi).

Figg. 1, 2, 3 e 4 - Rappresentazione grafica rispettivamente del moviementi di estensione e flessione, supinazione e pronazione del gomito (a cura della Scuola del Disegno Anatomico, UNIBO, IOR)
Principi di biomeccanica
Il gomito è formato dall’estremità di tre diverse ossa: omero, radio ed ulna. L’omero distale ha una forma complessa, simile ad un rocchetto irregolare, sul quale l’ulna ed il radio ‘si incastrano’ costruendo un’articolazione molto congruente e "stabile". La stabilità del gomito viene completata dalla capsula articolare, dai legamenti collaterali (mediale e laterale) e dai muscoli flessori ed estensori (del gomito e del polso). Gli assi longidutudinali del braccio e dell’avambraccio non sono perfettamente in linea, ed al gomito si incontrano descrivendo un angolo (carrying angle o angolo funzionale del gomito) acuto verso l’esterno. Il gomito risulta così valgo in completa estensione e, ruotando progressivamente durante la flessione, varo in flessione.

Fig. 5 - Il fenomeno del Carrying angle, per cui il gomito risulta così valgo in estensione e varo in flessione. Nel gomito rigido dopo fratture questo fenomeno può scomparire

Un movimento simile avviene fra il radio e l’ulna durante la prono-supinazione, quando il primo ruota "rotolando" letteralmente sul secondo. Questa complessa anatomia rende ragione di come anche piccole alterazioni delle superfici possono comportare gravi conseguenze sull’ampiezza dell’escursione articolare.

Figg. 6 e 7 - Rappresentazione grafica rispettivamente della complessa forma delle superfici articolari, del decorso dei legamenti collaterali e dell’asse frontale dell’arto superiore in estensione deviato in valgo: chiamato asse di carico del gomito (a cura della Scuola del Disegno Anatomico, UNIBO, IOR)

Classificazione
Classificare il gomito rigido significa identificare i diversi fattori che ne causano la perdita del movimento. La storia riferita dal paziente (presenza di traumi, attività lavorativa o sportiva, presenza e caratteristica del dolore, tempo trascorso dall’inizio della perdita del movimento) è fondamentale per un corretto inquadramento. Indispensabili sono le radiografie e la TC del gomito, che con le sue ricostruzioni bi e tridimensionali permette al medico di evidenziare le cause "meccaniche" della rigidità (corpi mobili, ossificazioni, consumo della cartilagine, anatomia dopo la guarigione di una frattura articolare, etc.). Importante per scegliere il tipo di trattamento ed eventuali gesti chirurgici, indirizzati a curare rigidità è una classificazione basata su cause (Fig. 8) e gravità (Fig. 9).

Fig. 8 - Classificazione delle cause della rigidità del gomito

Fig. 9 - Classificazione per gravità della rigidità del gomitoPrognosi
Le rigidità inveterate, le forme gravi e gravissime e quelle causate da incongruenza articolare o da grave danno cartilagineo presentano prognosi peggiore.

Trattamento conservativo

Fig. 10 - Mobilizzatore meccanico articolareSe la rigidità del gomito si è recentemente instaurata ed è causata dalla retrazione della capsula articolare, come può aversi dopo un trauma (distorsione, lussazione o frattura) o dopo un intervento chirurgico, la riabilitazione del gomito riveste un ruolo importante. Soprattutto nelle prime fasi, la terapia riabilitativa può avvalersi di dispositivi per la mobilizzazione passiva (Fig. 10) e tutori di mobilizzazione (gestiti dal paziente - Fig. 11). Terapie fisiche (Tecarterapia, Onde d’Urto, Laserterapia) possono aiutare a gestire il dolore e l’infiammazione.

Fig. 11 - Tutore di Mobilizzazione

Di fondamentale importanza è la terapia gestita dal fisioterapista "costruita" di volta in volta paziente per paziente in base alle specifiche esigenze. Esercizi di stretching prolungato a bassa intensità (Fig. 12), drenaggio, mobilizzazioni articolari, manovre per decontratturare la muscolatura e per desensibilizzare i trigger point, tecniche miofasciali, rieducazione in acqua (Fig. 13) sono le tecniche più utilizzate.

Fig. 12

 Fig. 13
Trattamento chirurgico
Si rende necessario quando la rigidità articolare non risponde ad almeno sei mesi di terapia conservativa o quando alle radiografia e/o alla Tc si evidenzia un impedimento meccanico al movimento. Il gomito deve essere "esplorato e liberato" in tutti i suoi compartimenti con l’intervento che prende il nome di artrolisi (eventualmente associata ad artroplastica - (Fig. 14, 15 e 16).

Fig. 14

Fig. 15

Fig. 16

Risultati degli interventi di artrolisi
I risultati ottenuti in sala operatoria devono essere mantenuti dalla fisioterapia, che deve iniziare il giorno seguente l’intervento e continuare per circa 6 mesi di tempo. Durante il processo di guarigione si perde generalmente circa il 20% del movimento che si era ottenuto in sala operatoria.

I risultati sono soddisfacenti nella maggior parte dei casi con un recupero più o meno importante della motilità del gomito. Anche in base alla tipologia ed alla gravità della rigidità iniziale, la recidiva della contrattura della capsula articolare e la formazione di ossificazioni eterotopiche non possono purtroppo essere mai scongiurate.

Autori: Dr. Enrico Guerra e Dr. Alessandro Marinelli, Struttura Complessa di Chirurgia della spalla e del gomito, Istituto Ortopedico Rizzoli.
Scheda revisionata il: 6 Marzo 2018.

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