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Sala Vasari. L’antico refettorio con le decorazioni di Giorgio Vasari e collaboratori

L’antico refettorio dei monaci di San Michele in Bosco è ora chiamato “sala Vasari” dal nome dell’artista più importante che partecipò alla sua decorazione: Giorgio Vasari, aretino (1511-1574), noto sia per le opere, sia per la sua monumentale biografia degli artisti dell’epoca (Le vite..., 1550 e 1568). Vasari infatti, nel 1539-1540, fu a capo di un piccolo gruppo di artisti nel cantiere per la realizzazione di una decorazione ad affresco della sala, oltre a realizzare personalmente tre dipinti su tavola di grande formato.

L'antico refettorio del monastero di San Michele in Bosco, ora "Sala Vasari"
L'antico refettorio del monastero di San Michele in Bosco, ora "Sala Vasari"

Il 20 gennaio 1539 don Miniato Pitti, fiorentino, visitatore della congregazione benedettina olivetana, scriveva a Giorgio Vasari per annunciargli che avrebbe ottenuto l’incarico per la decorazione del refettorio del monastero olivetano di san Michele in Bosco a Bologna. Era stato infatti don Miniato a procurargli quell’incarico, grazie all’influenza che esercitava nella congregazione dei benedettini olivetani, come peraltro aveva già fatto in passato e come avrebbe fatto ancora negli anni successivi.

Il contratto fu sottoscritto il 2 febbraio 1539 con l’abate del monastero bolognese, don Filippo Serragli, anch’egli di origine fiorentina. Prevedeva la decorazione della sala con un fregio affrescato a grottesche e la realizzazione di tre tavole da porre nella testata del refettorio, ciascuna con una scena biblica e accomunate dal tema dell’ospitalità come carità fraterna: “Cristo in casa di Marta”, “Cena di San Gregorio Magno”, “Abramo nella valle di Mambre”.

Cena di San Gregorio Magno (a sinistra) e Cristo in casa di Marta, dipinti ad olio su tavola di Giorgio Vasari oggi esposti alla Pinacoteca Nazionale di Bologna
Cena di San Gregorio Magno (a sinistra) e Cristo in casa di Marta, dipinti ad olio su tavola di Giorgio Vasari oggi esposti alla Pinacoteca Nazionale di Bologna

La scadenza era fissata per la fine di marzo del 1540, ma i lavori vennero terminati in soli otto mesi, come riporta l’iscrizione sulla porta del refettorio, evidenziando una “virtù” del Vasari pittore, la celerità d’esecuzione.

Si trattava del primo importante impegno di Vasari, che allora aveva 28 anni, fuori dalla Toscana e dunque, in quell’occasione, egli si mise alla prova come capo bottega, facendosi aiutare da tre collaboratori: Giovan Battista Cungi e il valente Cristofano Gherardi detto il Doceno (1508-1556), entrambi di Borgo San Sepolcro, oltre a Stefano Veltroni cugino del Vasari. Saranno questi ultimi due ad occuparsi della realizzazione, lungo l’intero perimetro della sala, al di sopra delle spalliere di legno che ornavano la parte bassa, di “un fregio intorno a fresco alto braccia tre con venti storie dell’Apocalisse di figure piccole, e tutti i monasterii di quella congregazione ritratti di naturale, con un partimento di grottesche et intorno a ciascuna finestra braccia quattordici di festoni con frutte ritratte di naturale” (Vasari G., Le vite …).

Un modulo della fascia affrescata. Nel medaglione al centro scene dalle storie dell'Apocalisse, nei rettangoli ai lati le raffigurazioni di monasteri olivetani del periodo
Un modulo della fascia affrescata. Nel medaglione al centro scene dalle storie dell'Apocalisse, nei rettangoli ai lati le raffigurazioni di monasteri olivetani del periodo.

La scelta delle storie dell’Apocalisse per la decorazione di un refettorio (le scene disegnate nei medaglioni ovali, mentre invece entro le cornici rettangolari stanno le riproduzioni “dal vero” dei monasteri olivetani dell’epoca) è insolita, ma probabilmente derivava dall’affresco, sempre ispirato all’Apocalisse, nella facciata della vecchia Libreria di San Michele in Bosco, dipinto nel 1514 dal bolognese Amico Aspertini e non pervenuto a noi in quanto andato distrutto. Per diversi riquadri di questo progetto iconografico Vasari guardò alle xilografie di Albrecht Dürer, come risulta evidente dal confronto dell’immagine dei “quattro cavalieri dell’Apocalisse”. Più tardi, attorno al 1542, il Gherardi affrescò una fascia decorativa assai simile a quella bolognese nella Sala delle Aquile presso il Palazzo dei Conservatori a Roma.

Il medaglione con la raffigurazione dei "quattro cavalieri dell'Apocalisse" in Sala Vasari a confronto con lo stesso soggetto trattato da Albrecht Dürer in una xilografia della serie Storie dell'Apocalisse (1498 e 1511)
Il medaglione con la raffigurazione dei "quattro cavalieri dell'Apocalisse" in Sala Vasari a confronto con lo stesso soggetto trattato da Albrecht Dürer in una xilografia della serie Storie dell'Apocalisse (1498 e 1511)

Le due tavole dipinte ad olio e giunte fino a noi, oggi conservate alla Pinacoteca Nazionale di Bologna (la terza tavola, quella con la rappresentazione di Abramo nella valle di Mambre, è invece andata dispersa nel periodo napoleonico), presentano anch’esse interessanti peculiarietà. Nella tavola con “Cristo in casa di Marta”, la figura di Maria è sostanzialmente identica a quella di una pia donna che sorregge la madre addolorata di Gesù nella Deposizione dipinta da Vasari per l’altare maggiore della chiesa di Camaldoli. Nella tavola con la “Cena di San Gregorio”, invece, Vasari ritrae personaggi contemporanei o da poco morti. A Gregorio Magno, ad esempio, assegna le sembianze di Papa Clemente VII, al secolo Giulio Zanobi di Giuliano de' Medici, morto nel 1534, seguendo il ritratto che ne aveva fatto Sebastiano Del Piombo. Alle sue spalle, con le mani sulla spalliera dello scranno, sta invece un personaggio a cui diede il volto di Alessandro de’ Medici, assassinato nel 1537, “per memoria de’ benefici e favori che io aveva da lui ricevuti e per essere stato chi egli fu, e con esso molti amici miei” (Vasari G., Le vite …). Tra i commensali figurano infine alcuni monaci olivetani, come l’abate bolognese don Serragli, il “generale” della congregazione don Cipriano da Verona e il Bentivoglio.

Terminato il lavoro a San Michele in Bosco ed esplorato il mondo bolognese dell’arte alla ricerca di informazioni da riversare nelle Vite, Giorgio Vasari lasciò Bologna per Firenze alla fine di maggio del 1540.


Fonte principale:
Vera Fortunati, Vasari e il Doceno nel refettorio di San Michele in Bosco, in L’Istituto Rizzoli in San Michele in Bosco (a cura di Cioni A., Bertoli Barsotti A.M.), Istituti Ortopedici Rizzoli, Bologna, 1996, pp.167-173