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Piede piatto nel bambino: trattamento con viti o dispositivi riassorbibili

Generalità

Il piede piatto rappresenta una condizione molto comune nei bambini, in particolare nella prima fase della deambulazione, dai 10 mesi fino ai 3-4 anni di età. In questa fascia di sviluppo è considerato fisiologico e fa parte del normale processo di crescita. Generalmente, la conformazione del piede si modifica spontaneamente fino ai 6-7 anni, con la formazione progressiva dell’arco plantare.

Solo in casi selezionati, in cui il piattismo è più accentuato, può essere utile l’utilizzo di plantari, al fine di favorire una corretta maturazione del piede. Tali dispositivi ortesici dovrebbero essere impiegati fino a un’età massima di 6-7 anni, oltre la quale non sono più in grado di modificare l’anatomia del piede, ma possono ancora avere una funzione antalgica nei soggetti sintomatici.

Dopo i 7 anni, si valuta un trattamento solo nei bambini in cui il piattismo persiste e risulta non responsivo all’utilizzo dei plantari.

Cos'è il piede piatto?

Il piede piatto è una condizione che può essere analizzata sotto due aspetti:

  • Morfologico: riduzione dell’altezza dell’arco plantare e deviazione laterale (valgismo) del retropiede sotto carico.
  • Funzionale: durante il passo, il piede tende a mantenere una posizione di pronazione in tutte le fasi, invece di alternare pronazione e supinazione in maniera fisiologica.

La forma più comune è quella idiopatica, che si manifesta intorno ai 5 anni d’età per mancata formazione dell’arco plantare e persistenza della pronazione. Non è legata a patologie sistemiche o sindromiche.

Manifestazioni cliniche

Nei bambini piccoli, il riscontro avviene spesso su iniziativa dei genitori, che notano un’andatura insolita o un’usura anomala delle calzature. Questi pazienti possono essere caratterizzati da ipermobilità articolare e sovrappeso.

Negli adolescenti, la condizione può causare facile affaticabilità e dolore localizzato nella regione mediale del piede, soprattutto durante attività prolungate.

Durante la visita ortopedica, lo specialista valuterà la riducibilità della deformità e la presenza di eventuali contratture.

Perché trattare il piede piatto?

Sebbene nella maggior parte dei casi il piede piatto non causi dolore, diversi studi hanno dimostrato che può predisporre, in età adulta, a disturbi articolari e deformità secondarie, come artrosi e alluce valgo. Pertanto, l’intervento ha uno scopo preventivo, volto a ridurre il rischio di problematiche più gravi nel lungo termine, e può essere preso in considerazione in casi selezionati.

Il genitore deve ovviamente essere a conoscenza che in casi selezionati, in base a determinate caratteristiche, potrebbe essere necessario escludere la presenza di una sinostosi tarsale o uno scafoide accessorio, condizioni ossee che potrebbero richiedere trattamenti specifici. In questi casi è fondamentale eseguire altre radiografie o TAC per una corretta diagnosi.

Trattamento

Il trattamento va considerato a partire dai 4-5 anni d’età.

Trattamento conservativo (4–8 anni)

In questa fascia d’età, l’approccio preferenziale è conservativo e si basa sull’uso di plantari correttivi. Questi dispositivi aiutano a mantenere una corretta postura del piede durante la camminata.

Trattamento chirurgico (dopo gli 8 anni)

L’indicazione all’intervento chirurgico si pone nei pazienti con piattismo persistente oltre gli 8 anni, non risolto dal trattamento conservativo.

L’intervento di prima scelta in età pediatrica è rappresentato dall’artrorisi, una procedura mini-invasiva che consiste nell’inserimento di un dispositivo (vite o endortesi) tra astragalo e calcagno. Questo consente un riallineamento progressivo delle ossa durante la crescita, favorendo la correzione del difetto. Nella nostra unità operativa i dispositivi utilizzati sono prevalentemente di tipo riassorbibile.

Tecniche chirurgiche

1. Vite calcaneo-stop riassorbibile

La tecnica più diffusa prevede l’inserimento di una vite riassorbibile nel seno del tarso, tramite una piccola incisione. La vite agisce come un freno meccanico e propriocettivo, impedendo lo scivolamento del calcagno rispetto all’astragalo.

  • Breve durata dell’intervento.
  • Riabilitazione: il bambino può alzarsi in piedi il giorno successivo con tutori, deambulando con stampelle. I tutori vengono rimossi dopo circa 3-4 settimane.
  • Il materiale impiegato (acido poli-L-lattico) si riassorbe entro circa 3-4 anni, eliminando la necessità di un secondo intervento per la rimozione.
Vite calcaneo-stop riassorbibile
Vite calcaneo-stop riassorbibile
2. Endortesi riassorbibile

Con questa tecnica, un piccolo dispositivo viene inserito nel seno del tarso attraverso una microincisione. Anche in questo caso il materiale è riassorbibile. Si tratta della tecnica chirurgica meno invasiva, con potenziale correttivo paragonabile ad altre soluzioni.

Dopo l’intervento si utilizzano tutori di tipo Walker per circa 3 settimane.

Endortesi riassorbibile
Endortesi riassorbibile

Procedure associate

  • Allungamento del tendine d’Achille: indicato nei casi in cui il piede non raggiunge l’angolo retto.
  • Rimozione dello scafoide accessorio: se presente, può essere asportato e il tendine del muscolo tibiale posteriore viene ritensionato.
  • Rimozione della sinostosi tarsale.

Decorso post-operatorio

Dopo l’intervento chirurgico (calcaneo-stop o endortesi):

  • Il bambino utilizzerà i tutori Walker per 3 settimane (4 se sono stati eseguiti tempi chirurgici accessori)
  • Successivamente si potrà riprendere l’attività in acqua o in piscina
  • Per i successivi 6 mesi, devono essere evitati:
    • Sport di impatto
    • Attività fisica scolastica
    • Salti o corsa
Piede piatto nel bambino: situazione pre-operatoria (a sinistra) e post-operatoria (a destra)
Piede piatto nel bambino: situazione pre-operatoria (a sinistra) e post-operatoria (a destra)

Autori: Dr. Massimiliano Mosca e Dr. Silvio Caravelli, Ortopedia Bentivoglio, Istituto Ortopedico Rizzoli
Scheda revisionata il: 28 maggio 2025.

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